È entrato nelle case degli italiani attraverso la divertente imitazione di Maurizio Crozza che ne ha tratteggiato ironicamente filosofia e modi. Eppure il suo lavoro è cosa seria essendo un vero e proprio maestro nel mondo dell’alta cucina vegetale. Con lui le zucche non piangono ma fanno gola e i dolci sanno essere golosi anche senza burro e uova. Stiamo parlando dello chef Simone Salvini che torna al timone della cucina di Lord Bio a Macerata e lo fa oggi (domenica 9 dicembre orario 10-15) inaugurando il suo rientro con un corso focalizzato sul menù per le festività.
Laureato in lettere e con un dottorato in psicologia, nuotatore agonista, viaggiatore e strenue conoscitore della cucina indiana, chef una Stella Michelin, fondatore della scuola di cucina vegetale Ghita a Milano, amante della poesia e personaggio autoironico, Simone Salvini lo incontriamo in tuta, appena terminati gli allenamenti.
Una sua grande passione è il nuoto di fondo che pratica a livello agonistico. Ci sono dei punti di contatto tra la disciplina sportiva e la cucina?
Prima di tutto non vedo l’ora di andare a nuotare in acque libere in uno dei meravigliosi luoghi delle Marche – racconta sorridente – Il nuoto è uno sport che pratico da sempre e che amo molto. La specialità del fondo poi consente, nella lentezza della bracciata, di riservare molto tempo alla riflessione… è quasi una meditazione dinamica. Una dimensione utile alla riflessione e al concepimento di piatti nuovi, da studiare “a fondo”.
È tornato a Macerata proprio in un periodo particolare, quello delle feste natalizie e inaugura la cucina di Lord Bio con un corso dedicato ai piatti per le festività…
Sì, un corso che ha grande rispetto per i piatti della tradizione e che utilizza infatti proprio ingredienti noti e comuni nella cucina per produrre piatti nuovi. Un corso cioè che si rivolge ai curiosi, a chi vuole portare in tavola per le feste una novità per il solo gusto di stare insieme, di stupire, di condividere un piacere, quello di una cucina sana, vegetariana e gustosa. Senza per questo rinnegare le belle tradizioni culinarie…insomma, sempre grande stima per la cucina della nonna, pur andando a cercare qualcosa di diverso.
La sua è una cucina che sceglie la stagionalità e l’equilibrio per la preparazione dei piatti. Qual è la sua filosofia?
Credo che la cucina sia uno strumento per unire attorno ad un tavolo, per creare uno spazio di condivisione, cura di sé e dell’altro, nutrimento. Quello che vorrei è che la cucina andasse oltre chi la fa, che i piatti parlassero per sé, liberi.
Dal dinamismo dello sport a divano e tv. Che idea di cucina crede che venga veicolata dai talent show?
Beh, certamente è una cucina spettacolare che non pensa a nutrire corpo e anima ma che punta a stupire in un clima di competizione che poco ha a che vedere con la convivialità della preparazione del piatto e del gustarlo in tavola in compagnia.
E cosa consiglierebbe ad un ragazzo col sogno di diventare chef o al telespettatore che si fa giudice in tavola?
Ai giovani consiglierei di studiare e praticare la cucina. Di riconoscere un buon maestro dalla capacità che ha nel rispondere alle curiosità e alle domande. Di cambiare insegnanti, luoghi, cucine per fare esperienza di molte cose e, con il tempo, imparare a ridere di sé e delle cose senza prendersi troppo sul serio.
Ai telespettatori? Di spegnere la tv, leggere i classici, parlare per poi ascoltare e nutrire lo stomaco senza dimenticare la mente.
(Domenica 9 dicembre 2018, Pagina Spettacoli regionale, Corriere Adriatico)